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09/05/2025 06:00:00

Il "massomafioso" / 3. Lettere, pizzini, gelosie. "Solimano" e Laura Bonafede

 Per Matteo Messina Denaro l’avvocato Antonio Messina era “Solimano”. Un soprannome evocativo, che richiama il potere assoluto del sultano ottomano. E proprio così veniva considerato: come un uomo di influenza superiore, rispettato, temuto, decisivo. Una carriera lunga, che galleggia tra la massoneria e la mafia (come raccontiamo qui). E che negli ultimi anni avrebbe visto l’avvocato di Campobello gestire alcune risorse per conto del superlatitante (qui la seconda parte della nostra inchiesta), per permettergli di nascondersi (ma mica tanto) e sfuggire alla cattura.


La scoperta di “Solimano”
Nella corrispondenza tra Laura Bonafede e Matteo Messina Denaro, si coglievano anche alcuni passaggi ad altissima densità mafiosa che ruotavano intorno alla figura centrale ed enigmatica di “Solimano”. Il nome scelto, riferito a uno dei più importanti monarchi dell’Ottocento noto per la sua spiccata propensione al comando, riflette ancora una volta il gusto di Messina Denaro per i soprannomi "colti" e simbolici, come già emerso per altri membri della sua cerchia.
Analizzando nel dettaglio i riferimenti a Solimano nelle missive sequestrate, gli approfondimenti investigativi svolti dal ROS – incrociando i dati contenuti nelle lettere con le attività di intercettazione tecnica in corso – hanno permesso di dimostrare con certezza che dietro lo pseudonimo si celava proprio Antonio Messina.
Ma è stata proprio Laura Bonafede, in modo inaspettato, a confermare pubblicamente l’identità di Solimano. Nel corso del processo a suo carico – svoltosi con rito abbreviato – la donna ha rilasciato dichiarazioni spontanee in aula, ammettendo con tono sprezzante che “Solimano” era Antonio Messina: «Solimano è Antonio Messina, lo zio di mio marito, il fratello di mia suocera».
Bonafede ha anche rivelato che Matteo Messina Denaro era infastidito dal comportamento di Messina, che millantava il loro legame presso attività commerciali locali per ottenere piccoli favori. Il boss, secondo quanto riferito dalla donna, aveva espresso l’intenzione di incontrarlo per intimargli di smetterla e, già in passato, aveva fatto intervenire Leonardo Bonafede per lo stesso motivo.
Inoltre, Laura Bonafede si è detta risentita per le critiche ricevute da Messina e da Epifanio Napoli (imprenditore locale e amico del marito detenuto, Salvatore Gentile), i quali la accusavano di non fare abbastanza per agevolare il percorso di permessi e semilibertà del coniuge detenuto all’ergastolo. Secondo Bonafede, si trattava di motivazioni pretestuose, che nascondevano in realtà il vero ruolo e peso che Antonio Messina – Solimano – rivestiva all’interno della rete mafiosa. Gli inquirenti, analizzando scrittura, contenuti e contatti, riescono a ricostruire l’identità: dietro Solimano si nasconde proprio Antonio Messina. È lui il perno dell’organizzazione finanziaria, colui che maneggiava le risorse, gestiva i pizzini e faceva da cerniera tra i mondi del boss.

Le tensioni con Laura Bonafede
La chiave di volta per attribuire quel nome fittizio all’avvocato campobellese è contenuta nella corrispondenza tra Laura Bonafede e lo stesso “Solimano”. Lettere fitte di riferimenti criptici, ma anche di sentimenti ambigui, gelosie, rancori. Una relazione personale e criminale insieme, che racconta molto della struttura interna alla rete del boss.
In una delle missive, Laura Bonafede scrive: “Tu non puoi parlare di amore. Per te contano solo i soldi”. In un altro passaggio, si lamenta della presenza di un’altra donna vicina a “Solimano”, accusandolo di ingratitudine e ipocrisia.

Un ulteriore riferimento significativo a Solimano si trova in una missiva di Laura Bonafede datata 14 dicembre 2022. In quella lettera, indirizzata a Matteo Messina Denaro, la donna esprime un profondo rammarico e delusione: “Non potevamo immaginare che un Solimano di merda ci avrebbe distrutti”. Il contesto della missiva – in cui si fa riferimento anche a “Fragola”, pseudonimo della sorella del boss, Rosalia Messina Denaro – suggerisce una riflessione mafiosa di altissimo livello. Le due donne, secondo le indagini, erano le figure principali nella gestione della latitanza del boss e dell’equilibrio interno della rete.


La frase sul “Solimano di merda” tradisce un senso di tradimento e impotenza da parte della Bonafede, come se Messina avesse infranto un patto di fedeltà mafiosa. L'espressione “ci ha distrutti” fa emergere la frattura definitiva tra Solimano e la leadership mafiosa del Trapanese. Anche qui, sebbene Bonafede abbia in seguito cercato di ridicolizzare Messina come un semplice approfittatore, le sue stesse parole nei pizzini ne rivelano l'importanza e l'influenza: non un outsider, ma un uomo pienamente dentro Cosa Nostra, il cui comportamento aveva generato una crisi interna al vertice dell'organizzazione.

Un ulteriore tassello di rilievo emerge da una lettera scritta da Laura Bonafede il 19 dicembre 2022, meno di un mese prima dell’arresto di Matteo Messina Denaro. In quella missiva, la donna si sfoga apertamente contro Antonio Messina – Solimano – lamentando la sua avidità e un comportamento che aveva indispettito sia lei che il boss. Secondo quanto scritto, Messina Denaro avrebbe già lanciato un "avvertimento" a Solimano per indurlo a smettere di sfruttare il legame con il boss per ottenere vantaggi personali presso i negozianti della zona. Laura aggiunge che Messina interpretava quell'avvertimento come proveniente da “Uomo” (Leonardo Bonafede), ma in realtà era stato deciso da “Depry”, pseudonimo usato per identificare Matteo Messina Denaro stesso.


Nella lettera, Laura si dice certa che il boss avrebbe reagito ulteriormente, con parole che lasciano intendere la possibilità concreta di un atto violento: “Quando dici che gliela farai pagare, che non ti fermi, ti posso dire che ne sono certa, ti conosco anche sotto questo aspetto”. E aggiunge con cinismo: “Non ti nego che mi sarebbe piaciuto che avessi fatto due piccioni con una fava; Solimano e Pancione”, dove “Pancione” viene identificato come Epifanio Napoli, imprenditore campobellese e altro soggetto malvisto dalla Bonafede.
Questi passaggi, oltre a mostrare il clima di tensioni all’ interno della rete del boss, confermano la rilevanza mafiosa di Antonio Messina. La lettera svela anche dinamiche di potere, disprezzo e violenza interna, provenienti direttamente da una donna di mafia che scriveva al capo di Cosa Nostra con linguaggio cifrato, ma autentico e privo di mediazioni.
A scatenare le tensioni è anche la gelosia. Laura si lamenta della presenza di un’altra donna nella vita di Messina, rinfacciandogli di averle voltato le spalle e di averla esclusa da alcune dinamiche decisionali. Dietro le parole, emerge uno scontro di potere: entrambi gravitavano attorno al boss, ma con ruoli diversi e a tratti in conflitto. Lei curava gli aspetti quotidiani e riservati della latitanza; lui gestiva affari, fondi e comunicazioni. Entrambi, però, cercavano la fiducia esclusiva del capomafia.
Il risultato è una relazione tesa, ambigua, dove l’affetto si mescola all’ambizione e alla sfiducia reciproca. È il volto interno della mafia: non solo violenza e potere, ma anche sentimenti distorti, rancori e gerarchie fragili, pronte a incrinarsi.

 

 


L’indagine e l’arresto
La Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo intensifica le attività investigative su Messina. Le microspie ambientali e le intercettazioni telefoniche rivelano conversazioni compromettenti, mentre il pedinamento fisico e il tracciamento dei veicoli ne confermano gli spostamenti e i contatti con soggetti già coinvolti nella rete di protezione di Messina Denaro.
Un’auto sospetta, un incontro in un bar di Campobello, uno scambio di biglietti e pacchetti: gli investigatori seguono il filo e il 23 aprile 2025 scatta l’arresto. Per Antonio Messina, 79 anni, viene disposta la misura cautelare degli arresti domiciliari col braccialetto elettronico. Una misura contestata dallo stesso indagato, che ha presentato richiesta di revoca, respinta dai giudici.
Secondo la Procura, Messina continua a rappresentare un pericolo concreto. La sua capacità di muoversi tra relazioni altolocate, il patrimonio personale e le abilità comunicative lo rendono ancora oggi un soggetto centrale nel sistema mafioso del Trapanese.

Il colletto bianco
L’arresto di Antonio Messina rappresenta uno snodo cruciale nel post-Messina Denaro. Dopo la cattura del boss il 16 gennaio 2023, le indagini si sono concentrate sui soggetti che ne hanno garantito la sopravvivenza durante la lunga latitanza: autisti, medici, imprenditori, familiari. Ma Antonio Messina non è uno qualunque. È il volto “alto” della mafia, l’uomo dei codici e dei conti, il punto di connessione tra la criminalità violenta e il mondo della rispettabilità.
La sua figura consente di comprendere come Cosa Nostra sia riuscita a mantenere una struttura finanziaria stabile, efficiente, in grado di sopravvivere anche alle operazioni più devastanti.
Con la fine della latitanza di Matteo Messina Denaro, cade un re. Con l’arresto di “Solimano”, viene meno uno dei suoi architetti. Ma la rete, come mostrano le carte giudiziarie, è ancora tutta da smantellare.

 

(FINE)



STUDIO VIRA | 2025-04-09 10:50:00
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